spero di investire qualcuno

di Matteo Thiella

28 maggio

Le ruote fischiano ed è buio. La pioggia sull’asfalto schizza sui paraurti dell’auto. “Spero di investire qualcuno”.

Sono stufo di bere e guidare, ma non riesco mai ad andare fuori senza bere un goccetto. Del resto, se quel bicchiere lo bevo è perché quel bicchiere mi va. E sarà forse la stanchezza, forse la depressione, forse Laura che non risponde più a nessuna delle mie telefonate ma, anche oggi, quel goccetto mi va e mi va alla grande. E se non è l’alcol il problema, allora è guidare. È che tanto mi andava quel goccetto, quanto mi seccava uscire in bici e fare quei due chilometri e mezzo, superando casa di Laura, che una volta era casa nostra e invece ora è solo casa sua, per arrivare al bar. E mai nessuno che mi venga a prendere e che mi porti fino a lì. E va bene che in due chilometri e mezzo riesco a lamentarmi di Laura come in un viaggio di due ore; e va bene che è qualche giorno che non metto piede in doccia per paura di perdere l’odore di lei sui miei vestiti; ma la depressione non è uno scherzo e, passando davanti alla nostra vecchia casa, ora solo di Laura, non riesco a fare a meno di ridere. Rido con lo sguardo triste e lo faccio così forte che quasi non mi accorgo della donna tutta tacchi che si è lanciata in mezzo alla strada. Forse vuole solo attraversare, forse vuole solo farla finita, in ogni caso, non sotto la mia auto, ché poi mi tocca fermarmi ad aspettare l’ambulanza che è sempre disorganizzata e arriva sempre troppo tardi ed io, che invece mi sono organizzato e sono uscito per tempo, non ho nessuna intenzione di arrivare tardi per quel goccetto.

Se sono stufo di bere e guidare non è perché guidare da bevuto sia tanto male, è che le persone al giorno d’oggi non guardano più prima di attraversare la strada. Poi sono tutte depresse e mi prende la paranoia all’idea di rischiare di investire qualcuno. E non si può guidare con la paura perenne di potersi ritrovare qualcuno appiccicato al paraurti come un post-it su una lavagnetta; si finisce per guidare distratti e investire qualcuno per davvero. Quindi non è il goccetto in più, la bici invece della macchina, la pioggia sempre quando si sta tornando, o Laura che son sicuro di averla vista sul portico che piangeva invece di rispondere al telefono che le squillava sul tavolino di fianco. E non è nemmeno il telefono sull’orecchio, e solo l’altra mano sul volante, mentre la chiamo lungo quei due chilometri e mezzo fino al bar. È questa fifa perenne di investire qualcuno che non mi permette di guidare concentrato sulla strada. E oggi non mi va, perché quel goccetto, quel bicchiere, si è trasformato velocemente in bottiglia e tenere entrambi gli occhi aperti puntati sulla strada avanti a me è già di per sé complicato e non posso permettermi di distrarmi continuando a ripetere in testa “fai attenzione che se no investi qualcuno, fai attenzione che se no investi qualcuno, fai attenzione che se no investi qualcuno”. Allora ingrano le marce portando il motore ad alti giri e le gomme si strizzano contro l’asfalto e stridono e la pioggia schizza il paraurti di una fanghiglia raccolta dalle pozzanghere e oggispero di investire qualcuno, spero di investire qualcuno, spero di investire qualcuno” rimbomba così forte che non mi accorgo che ho già parcheggiato lungo il vialetto, sono sceso dalla macchina, ho strappato un fiore dal giardino ed ho suonato al campanello della nostra casa che ora è solo di Laura. 

È tutto buio ma sento dei passi avvicinarsi alla porta. La pioggia mi ha inzuppato le scarpe e anche se riuscissi a farmi invitare dentro non entrerei per non ridurle l’ingresso ad un lago. Appoggio la mano sulla maniglia e la porta si apre come accompagnata dall’interno, ma il corridoio è vuoto, le luci sono tutte spente e sento la pioggia che continua a cadermi sulla testa. Un odore di motore bruciato mi riempie il fiato e la fronte mi fa male sul punto in cui si è scontrata contro al volante della macchina. Sorrido, lascio l’auto in panne contro la staccionata e mi incammino verso il bar perché mi è tornata quella voglia di un goccetto e questa volta ci vado a piedi: ché da qui sono solo due chilometri e domani avrò tutto il tempo per chiamare Laura e scusarmi per esserle entrato in giardino con l’auto, sfondando il legno bianco che circonda il perimetro della nostra casa. Sì, ecco cosa le dirò domani, non appena mi risponderà.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *