di Lorenzo Scantamburlo
PESCA , LAGUNA E CUCINA A VENEZIA , TRA LEGGENDE E FALSI MITI CON LUIGI DIVARI
Luigi Divari è nato a Venezia, dove vive e lavora.
La sua passione giovanile per il mare, le barche, in modo particolare per quelle adriatiche e le tradizioni veneziane-lagunari, l’ha consolidata nel tempo, soprattutto vivendo personalmente le cose che racconta nei suoi libri, praticando i luoghi e le genti della sua narrazione, cogliendo quanto di più vero resta delle vecchie tradizioni.
La laguna può ancora essere una risorsa per chi ci vive ?
Un dato rilevante che potrebbe spiegare la condizione della laguna è che nei banchi del pesce nel mercato di Rialto solo il 10 per cento del pesce che si trova proviene dall’adriatico , tutto il resto è importato da altri mari.
La laguna ad un gondoliere può rendere molto, ma per il resto non c’è ormai più niente. L’unica specie ancora consistentemente presente è la famiglia dei cefali, che in pochi però sono disposti a mangiare . La laguna ormai è un ambiante malato, i micro inquinanti nei tempi lunghi sono diventati inquinanti e hanno profondamente modificato l’habitat lagunare. Le microplastiche, banalmente, uccidono anche i “GO” (tipici pesci di laguna) che alimentandosi di microplancton nei primi mesi di vita hanno visto aumentare nei loro stomaci la presenza di microplastiche, che causano un’infiammazione intestinale che non gli permette di assorbire più i nutrimenti e li porta a rimanere piccoli di taglia e in molte occasioni alla morte. Questo pesce si trovava in abbondanza e di dimensioni molto maggiori rispetto a quelle odierne.
Ancor più drammatica è la condizione dei “bisatti” (anguille), pesce che riempiva le valli lagunari fino a qualche decennio fa.Ricordo che nel Maggio del 76 si riusciva in una sera di pesca con la “lampara” a prendere 10 12 “bisatti”, pescando con un sandolo a remi dentro la laguna con una luce da poppa e una fiocina, dopo quegli anni, i bisatti, iniziarono a diminuire drasticamente. L’anguilla si pescava e dava da mangiare a moltissime famiglie, creando un mercato consistente, in un anno si arrivava a pescare tonnellate di anguille dentro la laguna.
L’anguilla è un pesce che cresce lento e che passa i primi anni di vita in oceano, rimanendo molto piccola e di un colore trasparente, quando sviluppandosi prende le forme che più conosciamo risale i fiumi, dal nord Europa entra nel mediterraneo e arriva fino alle nostre valli. É stato provato un ripopolamento ma con risultati molto scarsi, e questa è una condizione drammatica che non è limitata alla sola laguna Veneta, l’anguilla è un pesce ormai prossimo all’estinzione.
Com’è cambiata la realtà veneziana ?
Venezia è sempre stata una città ricca dove circolavano molti soldi attraverso le manifatture artigianali, e la produzione di beni preziosi, le isole vicine come Burano, Chioggia e Pellestrina si occupavano di pesca e agricoltura. Alla fine del 700 a Pellestrina c’erano 160 famiglie di ortolani e 45 di pescatori.
Venezia nel secondo dopoguerra contava circa 170.000 residenti, più o meno la popolazione presente oggi contando i residenti e i turisti. I Veneziani vivevano di artigianato, produzioni industriali e qualsiasi lavoro necessario al vivere in laguna, era tutto fatto su misura, quello che serviva alle famiglie per vivere era principalmente prodotto in loco.
La fonte principale di approvvigionamento per la frutta e la verdura erano Sottomarina e Cavallino, a Sant’Erasmo c’era una produzione di latte per l’autoconsumo dell’isola, più Burano e qualche vitello da vendere al macello. Il successo del carciofo “violetto di Sant’Erasmo” è arrivato solo nella seconda metà del novecento, in quanto prima la terra del carciofo per tradizione era Malamocco, e prima ancora il carciofo violetto era ” di Chioggia”, ovvero Sottomarina.
Si trasportavano i beni con le barche a remi per la laguna. Ricordo un grande mercato nella zona del Viale Garibaldi, le barche cariche di verdura arrivavano con remi e vele, per vendere i prodotti a Venezia, rimanendo anche per una settimana e dormendo in barca, sotto poppa e sotto prua, per poi ripartire ,una volta venduti tutti i prodotti, ricaricare la barca e ricominciare la vendita.
Nei primi anni del 1900 si tracciarono le quantità e i prezzi dei pesci venduti nel mercato di Rialto. Per fare un paragone e per dare un’idea generale delle quantità di pesce che circolavano nel mercato veneziano si può vedere che, nel 1905, si vendettero, durante l’anno, 150 tonnellate di “moeche”, il prezzo medio era pari al prezzo delle sardine, cioè 5 lire al Chilogrammo, i GO si vendevano a 6,5 lire al chilo. Ora assistiamo ad una crisi sia di granchi ma anche dei “moecanti” cioè di chi deve selezionare i granchi che potranno poi diventare moeche, è un lavoro duro che non ha orari e che dipende fortemente dall’andamento della laguna, per esempio a causa del grande caldo della scorsa stagione estiva c’è stata una grave moria di granchi, portando alla vendita di scarse centinaia di chili durante l’anno. Si è passati quindi dal vendere tonnellate di moeche a poche centinaia di chili, facendole divenire un bene prezioso, quasi introvabili e con prezzi inaccessibili.
LA CUCINA TIPICA VENEZIANA: tra falsi miti e leggende
Gli spaghetti alle vongole nascono nella metà degli anni 60, sono un importazione Napoletana, credere che siano un piatto tipico veneziano è un falso storico. A Venezia si mangiavano moltissimi risotti e poca pasta, anche per esempio le cozze erano poco consumate a Venezia, si credeva facessero venire il Tifo . I veneziani friggevano tutto, si aveva un pentola pesante di ferro, la farsora che si riponeva sempre leggermente unta, se no faceva la ruggine, che si usava per friggere quasi tutti i giorni : carciofi, zucche, zucchine peperoni , pesce e bistecche. Si mangiavano moltissime frattaglie, anche quelle fritte. Anche la griglia aveva un uso diffuso, ricordo le donne che davano aria alle braci sulle quali grigliavano cefali che producevano un fumo azzurro caratteristico dell’olio che colava dai pesci. Un’altra famosa leggenda è quella dell’arrivo del baccalà a Venezia. Costruita attorno al naufragio di Pietro Querini, membro del maggior consiglio della serenissima che nel 1432 partì con un vascello carico di merci con direzione Fiandre, dopo una forte tempesta all’altezza dello stretto di Gibilterra l’equipaggio rimase in balia dei venti e del mare per oltre 3 mesi. Riuscirono a salvarsi con una scialuppa e approdare nelle isole Lofoten, molto più a Nord, nelle quali scoprirono come gli abitanti lavorassero il merluzzo e lo trasformassero in “stoccafisso”, alla ripartenza di Querini gli furono donati 60 pezzi del pregiato stoccafisso e si credeva che in questo modo Querini abbia portato il pesce nelle terre Veneziane, non si hanno però riscontri della presenza di questo pesce essiccato per almeno altri due secoli a Venezia.
Abbiamo testimonianze dello stoccafisso, registrato nelle bollette del tempo come pesce stochefis, ben oltre due secoli l’evento di Querini, per iniziativa di un intraprendente commerciante di aringhe fiammingo, che risiedeva a Venezia e che le propose al governo della Serenissima.
Ricetta a base di pesce:
Cefalo al forno con verdure e pomodorini
Ricetta semplicissima: andate in un qualsiasi banco del pesce e chiedete di farvi preparare un bel cefalo da fare al forno, esistono 5 varietà diverse di cefalo, io vi consiglio la volpìna o la bòsega. A casa conditelo con olio, sale e pepe, farcite la pancia del pesce con delle fette di limone, timo fresco e aglio in abbondanza, disponetelo poi nella teglia da forno, tutt’attorno al pesce aggiungete verdure a piacere, quali : cipolla, cipollotto, zucchine, patate e pomodorini.
Infornate la teglia in forno pre riscaldato a 180° per circa 15- 20 min. Il pesce sarà correttamente cotto quando la carne e le lische del pesce risulteranno molto morbide, e saremo in grado di dividerle facilmente.
Deliscate il pesce e gustatelo assieme le verdure aggiungendo, a fine cottura, una pioggia di prezzemolo tritato e del fresco succo di limone, per dare acidità e freschezza.
Evviva il pesce, la laguna e le verdure.