INTERVISTA ad ACQUORMANCE

di Sofia Dovigo

Lagun’Acida è una speculazione performativa fantapolitica svoltasi lo scorso 17 marzo a bordo del Vaporetto dell’Immaginario Bragadin capitanato da Lorenzo Parretti. La performance è nata dal progetto Acquormance, un’idea di Juliette Schwartz e Léa Seide con la partecipazione di Zeno Paoli, Eva Gennaro e Federico di Malta: «Veneziani per nascita o per adozione che si sono affezionati a questa città capendo che amare questo luogo significa apprezzarlo per un po’, forse non per sempre».
Frammenti di storie, poesie intrecciati a studi e dati scientifici costruiscono un racconto «acido» come le acque infette di questo luogo anfibio, uno scenario distopico che mai è stato più verosimile, un’ode corale alla laguna di Venezia che si sgretola sotto i nostri piedi, e in lontananza il lume di una rivoluzione collettiva.

Cos’è Acquormance, quando è nato il progetto e l’idea di Lagun’Acida?
Il progetto letteralmente significa «performance sull’acqua»: sia in senso spaziale perché l’abbiamo pensato per essere performato in dialogo con l’elemento acquatico e dunque in un luogo aperto sulla laguna, sia in senso semantico perché vuole essere una rappresentazione che parla dell’acqua in cui la città di Venezia è immersa. 
Lo spazio del Vaporetto Bragadin in questo senso è ideale per la nostra prima performance «Lagun’Acida», questo palcoscenico aiuta l’immaginazione e l’immersione totale nello scenario astratto, poetico che rappresentiamo attraverso i testi. Siamo sull’acqua e parliamo dell’acqua.
Il progetto ha preso forma solo nell’ultimo anno e l’intenzione iniziale era quella di portare un’ode alla città attraverso la voce che si propaga nella laguna. Vivendo a Venezia vediamo quotidianamente la città che si sgretola, scompare, decade, ha una relazione con l’acqua sempre più rischiosa e sempre meno emotiva. 
Tra tutte le riflessioni che gravitano attorno alla laguna abbiamo scelto quella che riguarda il suolo e gli ambienti sottomarini da cui è nata una performance narrativa che si immerge nel problema della speculazione sulle acque inquinate.
L’intento è dunque usare la materia della voce per realizzare una performance effimera, una narrazione, un racconto acquatico prodotto dal montaggio di estratti testuali di diversa natura: poetə, letteratə, autori e autrici, scienziatə tra cui opere come «Morte a Venezia» di Thomas Mann, «Fondamenta degli incurabili» di Iosif Brodskij, «Venezia e i Cambiamenti Climatici» di Carlo Giupponi, «Nuovo Tempo» di Aldo Vianello e altrə ancora. Ogni pezzo dello script è stato preso da libri, romanzi, testi scientifici poi rielaborati e riadattati ai fini della performance artistica per contribuire allo sviluppo dell’intreccio in modo logico e significante. Attraverso il protagonista Aschenbach – ripreso da «Morte a Venezia» di Thomas Mann – racconteremo la storia di una strana laguna, una sorta di lago costiero diventato letale per la vita. La narrazione vuole essere realistica per cui alcuni estratti descrivono momenti anche molto drammatici che si trasformano poi in una volontà rivoluzionaria di cambiamento.
I frammenti dei testi da noi rielaborati indagano la situazione della città e del suo ecosistema, quindi il rapporto tra uomo e ambiente, da un punto di vista temporale e spaziale immaginando uno scenario futuro verosimile in cui il Mose non potrà più essere una soluzione sostenibile per la salvaguardia della città e della laguna. 
Abbiamo analizzato i testi di scienziati che hanno elaborato delle ipotesi sul futuro dell’ecosistema lagunare, sul divenire di Venezia e delle sue acque e ne abbiamo tratto uno scenario distopico che si concentra sull’immagine di una doppia chiusura: la teoria che il Mose possa alzarsi per sempre in futuro chiudendo così la laguna in sé stessa da un lato, e specularmente il modo in cui gli abitanti della città si sono chiusi a loro volta all’ecosistema. 
Le nostre abitudini come cittadini riflettono una chiusura verso la natura, manca una sensibilità ambientale, ci sembrava dunque coerente rappresentare questo tipo di scenario per stimolare una riflessione più profonda. Ci sono poi altri panorami da esplorare, dobbiamo capire come intrecciarli e come rappresentarli per trasmetterli con impatto al pubblico in altre performance.

La performance corale si intreccia con la musica, che tipi di suoni si possono ascoltare?
Alcune sono registrazioni sonore fatte in giro per Venezia – suoni urbani dell’acqua, delle persone, della città -, alcuni sono suoni preregistrati e altri sono suonati live durante la performance con diversi strumenti principalmente violino e tastiera. Anche questo rispecchia un dialogo, un intreccio tra il suono della voce e quello della musica per portare momenti di sospensione, di intervallo tra un testo e l’altro, per marcare alcuni stati emotivi che vogliamo trasmettere con le parole, per trascrivere il timbro dell’acqua, calare la voce all’interno dell’ambiente sonoro. Abbiamo fatto un lavoro di montaggio dei testi da un lato e della musica, dei suoni dall’altro.
Quello che ci ha unito è stato proprio il montaggio, la rielaborazione dei testi, il modo in cui tutte le cose fluttuano insieme in un’armonia corale esplicata anche nella parte finale del racconto in cui esclamiamo «E il coro disse ripetendo: per Venezia!».
Siamo cinque persone tutte diverse con personalità, origini, identità diverse e questo ci fa sentire parte di una piccola comunità, collettivamente possiamo far crescere qualcosa attraverso una voce corale che unisce e valorizza la diversità. 

Quale necessità alimenta la vostra voce e l’obiettivo della performance?
La formula attraverso cui veicoliamo il tema è artistica proprio perché non abbiamo altri mezzi a disposizione per trasmettere questo tipo di sensibilità. Il progetto nasce da un sentimento di impotenza percepito dall’assenza di strumenti per poter portare un cambiamento tangibile a livello legislativo e governativo, l’unica cosa che abbiamo sono l’arte e la voce al fine di ispirare delle azioni collettive concrete per poter rispondere a quest’inquietudine e riprenderci il domani.
L’intenzione del progetto Acquormance è generare un circolo virtuoso di saperi, conoscenze e stimoli a partire da persone, studiosə, ricercatori e ricercatrici più informatə per andare più in profondità nello studio e nell’indagine dei testi che raccontiamo, per produrre un dibattito. Al momento Lagun’Acida è una rappresentazione molto astratta, artistica, vorremmo stuzzicare il pubblico per poi trasformarla in una tavola rotonda, in un momento di confronto, di dialogo, di scambio con persone interessate a questo tema per poter trovare soluzioni e azioni più concrete. Alcune delle persone invitate all’evento sono autorə e professorə che hanno la possibilità di approcciarsi al tema della performance in modo più attivo e propositivo per poi aiutarci ad aprire e a guidare il dibattito in modo più informato, cosciente e approfondito. L’intenzione è anche creare in quel momento un senso di comunità, anche se non permanente.

Avete definito in modo chiaro il sentimento di impotenza comune ai giovani a Venezia, il non sapere bene come poter vivere in futuro la città, ci si chiede che cosa resterà un domani.
Io (Léa) e Juliette siamo a Venezia da qualche anno, ma è bastato per innamorarci della città e per renderci conto della sua fragilità e della sua natura effimera. La città per tanti è solo di passaggio perché si fa fatica a proiettare un’idea di futuro qui, la gente arriva e poi riparte perché non riesce a trovare terreno fertile per radicarsi, per progettarci una vita e questo è il grande tema del potenziale della città insediata in un ecosistema così inconsistente e fragile. A volte ci dimentichiamo del luogo in cui viviamo e ci chiudiamo nella nostra testa, nella frenesia della quotidianità in città e della vita. Con questo progetto proviamo ad uscire dalle nostre teste, dal nostro ego, proviamo a guardarci attorno, a prestare attenzione a ciò che ci circonda, all’elemento acquatico che diamo sempre più per scontato. 
Vorremmo mettere in luce il valore dell’ecosistema lagunare come ambiente in cui la città e le vite umane sono immerse e interconnesse. La città esiste perché esiste la laguna, l’acqua fonda la città e dunque a restare sarà l’acqua, ma che tipo di ambiente acquatico vogliamo per il futuro? Che tipo di esistenza vogliamo per Venezia? Il nostro focus principale è quindi il divenire delle acque, il posizionamento del tema ecologico nelle speculazioni sul futuro della laguna.

Pensate di riprodurre la rappresentazione anche in altri spazi?
La riproduzione di Lagun’Acida è un tema ancora in discussione. Forte Sant’Andrea, ad esempio, è un posto incredibile e il Vaporetto dell’Immaginario sarà attraccato lì in estate quindi quella potrebbe essere un’opzione, così come Poveglia, ma è la prima volta che la performiamo quindi dobbiamo capire dove andrà in divenire nel tempo e come si trasformerà il suo significato, sicuramente la performance parla dell’acqua, all’acqua e sull’acqua quindi il luogo dovrebbe essere un punto aperto sulla laguna, in dialogo con l’elemento acquatico. Anche la questione della temporalità è fondamentale perché la performance vuole suggerire una sensazione d’urgenza, un senso di imminente presente e riprodurla a distanza di mesi perderebbe un po’ di quella sensazione che vogliamo trasmettere. 
Sicuramente vogliamo organizzare tavole rotonde e discussioni collettive nel periodo autunnale, dopo la restituzione artistica, per confrontarci sulla materia della performance che realizzeremo  al fine di stimolare la ricerca di strumenti concreti per agire sul territorio. L’arte dopotutto è solo il mezzo, il fine è il dibattito su questi temi che ci sembra più urgente che mai.§La performance, che è effimera, è anche un modo per restare in questo luogo, per lasciare qualcosa che possa continuare a vivere dopo di noi, così come le persone che vanno e vengono trovano un loro modo per restare e forse per guardare al futuro di questa città. 
«Con la nostra fantasia viaggeremo in una polifonia vocale e melodica in uno spazio acquipelargico: termine coniato dagli ultimi studi per descrivere un ambiente dove l’acqua è l’elemento fondante dell’identità e del senso di appartenenza alla comunità. Venezia è un rifugio dolce amaro e speriamo che questo atto propedeutico ci aiuti a comprendere il diritto di sognare il domani, abbiamo bisogno di strumenti, di soluzioni concrete e di alleanze, cerchiamo dei complici per stimolare un cambiamento». 1

 1 Estratto dell’introduzione alla performance.

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