Intervista Matteo lo Greco 

di Lorenzo Scantamburlo

“Il senso della tradizione è la forza che trascina lo sviluppo senza infrangere i confini espressivi”. 
La meraviglia dell’arte, in un mondo di malandrini. 
Una curiosa intervista ad un artista che ha creduto nella sua vocazione, riuscendo a portare la sua ricerca estetica per le vie del mondo, con passione, caparbietà e consapevolezza. 
Ci parli un po’ della sua storia professionale: quando inizia a lavorare la ceramica? Cosa la spinge a farlo? A che cultura si ispira?

Da dove nasce la sua vocazione artistica? 
Io fin da piccolo disegnavo e dipingevo, volevo fare l’artista. La mia famiglia cercò di deviare questa mia vocazione indirizzandomi ad un lavoro più “sicuro” economicamente. Studiai quindi Scienze Politiche e avevo un lavoro fisso in ufficio in Sicilia. Nel 68 partecipai alle manifestazioni e ero politicamente impegnato per cercare di dare un futuro migliore alla mia terra, all’epoca ci credevamo molto, facevamo diversi scioperi e ci impegnavamo per migliorare la situazione. In Sicilia conobbi la mia futura moglie, che era portoghese, e quando i motti del 68 finirono con le tragedie poi delle brigate rosse, partimmo per il Portogallo. 
In Portogallo studiai  in accademia di belle arti per 3 anni, come alunno volontario. Imparai principalmente le tecniche scultoree.
Venezia arrivò per caso, feci una mostra in una Libreria in Portogallo, dove conobbi il Professore di Portoghese di Venezia, che offrì lavoro a mia moglie, per questo motivo ci trasferimmo. 
Arrivai qui con poco in tasca, ma con molta determinazione. Sapevo che volevo fare scultura e lo feci. 
Venezia è stata una città che mi ha aiutato molto, mi ha dato la possibilità di farmi conoscere nel mondo.

Quali sono stati i suoi primi passi?
All’inizio mi facevo seguire da qualche galleria, poi decisi di provare ad arrangiarmi e mi misi in proprio. All’inizio trovai un piccolo studio a San Polo, piccolo e buio, dove feci molta gavetta, partivo dall’argilla, all’inizio realizzavo opere in terracotta, poi più avanti iniziai a fondere il bronzo.  Riuscivo a vendere le mie sculture direttamente nel mio studio. Poi feci molte mostre in Francia, poi in America e ho partecipato ad alcune edizioni di arte fiera a Bologna.

Io non faccio scultura per farla piacere ai committenti, seguo le mie volontà e i miei gusti. Io attraverso l’arte voglio proporre nuove “parole”. L’arte come la filosofia deve proporre nuove risposte e suscitare meraviglia. Per questi motivi scelsi, fin da subito, di scommettere su me stesso e provare a promuovermi da solo. 

La sua arte da chi prende ispirazione ?
Per me i greci e la filosofia greca sono ancora un esempio ricchissimo. Anche Immanuel Kant spiega che il lavoro dell’artista nasce e si propone nella materia partendo sempre da una esperienza pregressa. Per lui l’arte non si può spiegare, perché ogni tocco che l’artista pone sulla tela è casuale e nasce da una sua esperienza empirica. La filosofia come l’arte deve esprimere la meraviglia, deve farti pensare, bisogna aggiungere qualcosa. Anche il processo pratico, il lavoro manuale che ci porta a creare, ci aiuta ad arrivare con più chiarezza a quello che si vuole comunicare.

Come vive il suo rapporto con la sua terra d’origine ? 
Ho ancora un rapporto molto forte e diretto con la Sicilia, li ho una casa e torno ogni 2 o 3 mesi.
La Sicilia ha formato importantissimi artisti e scrittori. 
Dal mio paese, da bambino, prendevo l’autobus tutte le mattine per andare a scuola, e passavo attraverso la Valle dei Templi, e le pietre parlano, ti entrano nel sangue. Tutte le cose hanno un’anima.

Come vive la situazione artistica qui a Venezia ?
Io ho cercato di rilanciare il valore, e l’importanza culturale del panorama artistico Veneziano. Avevo fondato un’associazione di artisti, dove anni or sono, grazie al comune che ci ha concesso degli spazi, abbiamo potuto organizzare diverse mostre. Ora credo ci siano diversi galleristi che cercano di avere il possesso anche della produzione artistica. Gli artisti devono produrre e proporre le proprie opere liberamente, se non si hanno spazi, e si rilega la divulgazione artistica solo alle grandi istituzioni, dove raramente i giovani artisti locali trovano spazio, non si riuscirà a dare importanza ai moltissimi artisti del territorio che meritano più luce. 
Ci sono moltissimi grandi artisti che non sono riusciti ad emergere, ma che hanno comunque un grande valore culturale. 
Io proporrei di istituire un Museo degli artisti Veneziani, per cercare di dare risalto a molti pittori e scultori sconosciuti. Si ha però paura di scommettere nell’arte, si teme di far buchi nell’acqua e quindi si preferisce affidare la gestione, degli spazi più importanti a Venezia, ai grandi nomi del mercato dell’arte.