la coda di Melusina

di Francesca Pascale

C’è stato un periodo, l’anno scorso, in cui soffrivo d’insonnia. Le braccia di Morfeo mi avevano lentamente abbandonato e una costante frenesia occupava le mie notti ed i miei pensieri. Esausta dal costante mormorio della mia mente, avevo preso l’abitudine di passeggiare fra le calli e le fondamenta di Venezia a notte fonda. Questo esercizio mi aiutava a conciliare il sonno, ed era anche una pratica interessante poiché spesso si incontravano personaggi insoliti, difficili da incrociare durante le ore diurne. 

Una sera d’aprile, mentre passeggiavo sulla fondamenta di Zattere, scrutando  le luci fioche dell’isola della Giudecca, mi sembrò di sentire una voce cantare in lontananza. Il mare di quella notte era mosso e subito pensai che una combinazione strana fra il fruscio del vento e lo sciabordio delle onde, avesse ingannato i miei sensi, facendomi credere di aver udito una melodia. Li per lì non diedi molto peso alla faccenda e, dopo qualche secondo di pausa, ripresi la mia passeggiata en solitaire verso casa. Passarono i giorni, e il ricordo di quel momento andava offuscandosi piano piano, chissà, forse era stato solo un sogno, un’ immagine notturna  che avevo traslato nel ricordo della veglia, cosa che capita spesso agli insonni. In quel periodo lavoravo per la galleria privata dello Squero di San Trovaso, un giorno abbastanza tranquillo, probabilmente infrasettimanale, mentre leggevo un libro, entrò in galleria un simpatico vecchietto. Questi si era rivolto ai mastri squeraioli dello Squero per farsi riparare una barca e, mentre aspettava l’esito dei lavori, era passato a buttare un occhio alla collezione nella galleria dove lavoravo. La mostra consisteva in foto fatte da un artista veneziano, di cui ora non ricordo il nome, che ritraeva diversi punti di Venezia in più o meno movimentate ore della giornata. Una foto lo colpì particolarmente e, ironia del caso, fu proprio il soggetto in essa a fare da incipit per la nostra chiacchierata. “Signorina, lei conosce la storia di Melusina?” “Come scusi?” Risposi alzando lo sguardo dal mio libro. “In questa foto si intravede il sottoportego dei preti, presso il sestiere di Castello, vicino a Campo Bandiera, ha presente?”, gli risposi che si, avevo presente la zona e il punto fotografato, ma che non conoscevo la storia da lui citata precedentemente, e se aveva voglia di dirmi di più. Il vecchio signore  dall’aria trasognante mi raccontò la vicenda tragica di Melusina, sirena innamoratasi di un marinaio, la quale decise di abbandonare le sue sembianze da donna pesce, diventando mortale. La vicenda però prende un risvolto tragico, poiché l’uomo la tradì numerose volte, spezzando il cuore di Melusina che, dal dolore se lo strappò dal petto e lo incastonò fra le pietre del sottoportego , dove tutt’ora si trova, e, disperata, dopo il gesto folle, si  rigettò in mare, trasformandosi nuovamente in sirena. Ringraziai il signore, e, quando ebbe finito di raccontare mi diressi a chiudere la galleria. Tornando verso casa, facemmo un pezzo di strada assieme. “Sai”, proseguì, “la storia però non è del tutto completa”, “ah no?” Risposi io divorata dalla curiosità. “Si dice che, al calar del sole, alcune anime, siano  in grado di sentirla cantare, chi per fortuna chi per destino”. Ci salutammo ad un incrocio, e io mi diressi verso casa. Camminavo di fretta, il sole stava calando e iniziava ad alzarsi una fredda nebbiolina, mentre attraversavo l’ultimo ponte prima di raggiungere la mia dimora, sentii qualcosa sbattere forte vicino alla pietra, producendo un rumore sordo, e con la coda dell’occhio, mi parve di scorgere una grande pinna allontanarsi fra le acque. Sorrisi fra me e me, pensando, povera Melusina.

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