La partenza non è altro che l’inizio del viaggio di ritorno verso casa

di Marta Panico

Sono tornata a Venezia dopo un periodo di pausa trascorso a casa mia, a Torino. Era da parecchi mesi che non lasciavo la laguna e andarmene è stato strano, ma altrettanto necessario. Se Torino, infatti, è quella che considero la mia città natale, Venezia è la mia città adottiva, quella che mi sono scelta e che mi ha accolta. Ma si sa, Venezia non è una città facile e anche io, lo devo ammettere, non l’ho sempre amata, anzi sono arrivata quasi a odiarla in certi momenti. Quindi, ciclicamente, sento la necessità di tornare dai miei affetti in Piemonte e di salutare temporaneamente l’aria salmastra della laguna. 

Durante le due settimane trascorse a casa ho fatto ordine nella libreria, sempre troppo piccola per accogliere tutti i libri che vorrei leggere. Spolverando, ho ritrovato un volume di Jirō Taniguchi, che mi ero dimenticata di avere. Si tratta di un libro dedicato a Venezia, in cui l’autore ha raccolto tutti gli acquerelli da lui realizzati durante un soggiorno estivo in città. La storia, raccontata in poche righe sparse qua e là tra le immagini, è molto semplice. È il viaggio di Jirō che decide di visitare Venezia dopo aver ritrovato delle vecchie foto di famiglia scattate tra gli anni Venti e Trenta durante una vacanza in laguna. Jirō, quindi, decide di ripercorrere quei luoghi alla ricerca delle ambientazioni fotografiche, quasi a voler trovare quei ponti che lo possano collegare alle sue radici familiari.

Sfogliando questo libro meraviglioso, mi sono ritrovata anche io a giocare a riconoscere le calli, i campi, gli scorci che percorro ogni giorno e che sono diventati per me cornici di istantanee, momenti e ricordi preziosi. Ho provato a chiudere gli occhi e, per un momento, a distanza di chilometri, ho sentito quell’inconfondibile odore che si trova solo a Venezia, quell’umidità che ti bagna il viso e il fruscio lento e pacato che solo la laguna sa riprodurre. Guardavo quelle immagini, che dentro di me prendevano forma, si muovevano e piano piano ci sono sprofondata dentro. Era come se fossi stata lì, insieme a Jirō, ad ammirare un tramonto estivo dalla riva delle Zattere. 

Tra le poche righe del racconto di Taniguchi le seguenti sono quelle che mi hanno colpita di più: “A Venezia il tempo si è fermato. Mi sento travolto da una strana sensazione, come se mi fossi perso in un labirinto. Non ho idea di dove mi trovo”. Queste brevi frasi, infatti, rappresentano perfettamente lo stato d’animo in cui mi trovavo prima di tornare per alcuni giorni a casa a Torino. Un senso di disorientamento e di perplessità invadeva ormai la mia mente da giorni e, come dal migliore dei labirinti, non riuscivo ad uscirne. Venezia, però, è per me come il canto delle sirene per i marinai: ovunque io mi trovi, quella melodia dolce e persuasiva riesce a raggiungermi e ad attrarmi a sé. E, infatti, nel momento esatto in cui ho riappoggiato i piedi su quest’isola, mi è sembrato di aver fatto il viaggio di ritorno verso casa. Jirō Taniguchi ha compiuto il viaggio per riscoprire le radici della sua famiglia, io invece ho intrapreso questo viaggio per scoprire me stessa.  

Immagine che contiene edificio, acqua, aria aperta, cielo

Descrizione generata automaticamente

Jirō Taniguchi, Venezia, Rizzoli Lizard, 2017.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *