L’occhio svedutista di Emilio Ferruzzi: quattro chiacchiere in galleria.

di Francesca Pascale

Emilio Ferruzzi è un giovane pittore veneziano, classe 1995. Si definisce un artista espressionista in quanto, egli afferma: “tutto ciò per cui voglio utilizzare ciò che so, è nient’altro che l’espressione di ciò che sento o che ho sentito”. Ho incontrato Emilio nel suo piccolo studio d’arte vicino al Peggy Guggenheim Collection, qui di seguito vi è il resoconto della nostra chiacchierata.

Come hai capito qual’era il mezzo di comunicazione artistico, in questo caso la pittura, più adatto alla tua espressione creativa? E’ stata una scoperta “istintiva”, influenzato dall’ambiente di bottega in cui sei cresciuto fin dall’infanzia, oppure in modo differente?

Credo che la mia creatività abbia trovato dimora nella pittura poiché quando si ha uno spirito comunicativo bisogna necessariamente trovare il mezzo per esprimerlo: lo strumento lo si trova imparando a fare qualcosa. Io mi reputo un grande appassionato di musica, soprattutto quella classica, ma non essendomi mai cimentato nello studiare effettivamente uno strumento, l’apprezzo inevitabilmente solo in qualità di fruitore e non di fautore. Il mio lavoro nasce da un’esigenza espressiva, e per me il “canale” più consono laddove sublimarla si è ritrovato essere la pittura. Sicuramente anche la mia esperienza famigliare ha influenzato il mio cammino: mio nonno Bob Ferruzzi è anch’egli un pittore e mio padre è un gallerista. Sono cresciuto in un ambiente in cui l’opera d’arte è soprattutto un oggetto di quotidianità, sia nel produrla o nel collezionarla. Quando lavoro sull’astratto,  la pittura mi permette di trasmettere le ispirazioni che traggo dalla musica o da altre forme d’arte che  mi colpiscono.

Ti piace definire il tuo occhio artistico attraverso il termine “Svedutismo”, un neologismo, potremmo dire, del termine “Vedutismo”. Ti va di spiegarci questa tua visione?

Sarò onesto con te, anche se non è ho una precisa memoria, può essere che il termine qui citato, lo abbia pizzicato in un’espressione utilizzata da qualche artista di cui ho letto. Parlo di Svedutismo poiché per quanto la veduta derivi dalla vista – dall’osservare la realtà esterna che mi circonda – tanto derivano le mie cosiddette “svedute” da mie sviste, cioè da un mio slancio emotivo. Cerco sempre nei miei dipinti di ricreare un’atmosfera che riguarda un vago ricordo sfumato nel tempo, oppure una speranza, un sogno, un desiderio. E’ per me essenziale arricchire questo reale con delle note surreali, in cui non c’è più una sostanziale differenza fra vita interiore e quella esteriore.

In quanto cittadino Veneziano, il tuo lavoro viene condizionato dal vivere sull’isola? Mi spiego meglio: non solo dal punto di vista d’impressioni ed espressioni, ma anche nella routine che caratterizza la tua vita in quanto artista.

Venezia dal punto di vista estetico è un grande punto di riferimento per me, in quanto veneziano e cittadino dell’isola, sarebbe impossibile non venire contaminato dalla bellezza che mi circonda, e di conseguenza, questo gusto estetico risalta nelle mie opere. Io sono un grande amante della pittura classica, vivendo in una città che è stata ed è tutt’ora la culla di grandi artisti come Tintoretto, Canaletto, Vedova, Michelangelo, anche nei miei lavori più astratti vi è costantemente questo spettro d’ispirazione. Vivere a Venezia – essendo una città fuori da ogni schema in cui esistono più eccezioni che regole – allena lo sguardo di un’artista e si è sempre pronti ad osservare e a lasciarsi stupire da qualche dettaglio nuovo. E’ una scoperta infinita, e se ci si apre allo splendore si viene, inevitabilmente, costantemente ispirati.

Altre fonti d’ispirazione? Letteratura e musica?

Quando dipingo tendo ad ascoltare molta musica, come dicevo precedentemente sono appassionato di musica classica, in questo periodo ascolto molto i componimenti di Georg Friedrich Händel, anche se in realtà mi muovo un po’ su tutti i generi musicali, in base al mood del momento. Leggo molto; c’è stato in passato un periodo in cui scrivevo, ma ora in mancanza di tempo non mi dedico più a questo tipo di produzione. Gabriel Garcìa Marquez è uno dei miei scrittori preferiti, anche in lui ritrovo una visione onirica e trasognata che colpisce ed ispira le mie corde emotive.

In copertina: Tributo a Emilio Vedova, tecnica mista su tela 100/70 – Emilio Ferruzzi

Specchio delle mie brame, acrilico su tela, 50/70 – Emilio Ferruzzi
Galoppando, 60/50 tecnica mista su tela – Emilio Ferruzzi

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