NIZIOLETI 2.0

di Pietro Gavagnin

Come promesso eccoci qui per parlare dei nomi più particolari riportati sui nizioleti, che nascondo fatti storici, usanze e leggende veneziane. Iniziamo subito a scoprire questo mondo.

Partiamo da “Riva de Biasio”, fondamenta che da pure il nome a una fermata dei battelli. A prima vista questo nome non cela nulla di strano o satirico. Basta però scavare nell’origine del nome per avere una risposta. Biasio fu un luganegher, ovvero un salumiere, molto famoso in città nei primi anni del 16° secolo. Tuttavia nel sestiere iniziarono a sparire bambini, che vennero poi ritrovati, letteralmente a pezzi, nella carne venduta da Biasio, che fu giustiziato dall’inquisizione della serenissima. Il fatto rimase nella memoria dei veneziani e, anche se il suo locale fu abbattuto, gli
venne intitolata nel gergo comune la riva e una macabra filastrocca che accenna così:
“Sulla riva de Biasio l’altra sera
so andada col puteo a ciapar aria
me parea che Biasio col corteo
tagiasse a fete el caro mio puteo”
Si può facilmente raggiungere il luogo scendendo alla fermata del battello omonima.

Passando a toponimi più allegri, possiamo parlare del “Ponte delle tette”. Sembra un nome falso, inventato per scherzarci sopra, ma non è così. Anzi, lo stesso governo ne sponsorizzò la diffusione. Infatti verso la fine del 1400 a Venezia c’era un alto tasso di omosessualità maschile,
cosa purtroppo non ben vista dalle autorità. La soluzione, ideata dalla serenissima stessa, fu quella di incentivare le prostitute a mostrare il loro seno dai balconi delle finestre, per attirare più clienti nei loro bordelli. Il ponte si trova in una zona interna, ma facilmente raggiungibile e se venite
dal lato di Santa Croce vi condurrà direttamente a “Rio terà delle carampane”. Carampane suona come ‘campane’, ma ha invece origine dalla storpiatura di Ca’ Rampani (dove ca’ sta per casa) famiglia nobile dell’epoca. L’aggettivo carampana era riferito alle prostitute in là con gli anni,
e aveva accezione dispregiativa. Il suo contrario era ‘mamola’, ovvero una giovane desiderabile.

Un’altra calle dal nome fraintendibile è quella della “Calle delle Rasse”. Letta così potrebbe assomigliare al plurale di “razza”, ma non è così. Le rasse erano semplicemente dei panni di lana pregiata, provenienti dalla Serbia, al tempo chiamata “rascia” da cui appunto deriva il nome.
Potete imboccare questa calle facendo pochi passi in avanti appena scesi dalla fermata della linea 1 a San Zaccaria. Ora ospita svariati ristoranti e bacari molto turistici.

contenuti presi da “I nizioleti raccontano 1” di Paolo Piffarerio e Piero Zanotto venduto in allegato con il “Il Gazzettino”
edizione speciale del 2012

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