MARCEL DUCHAMP E LA SEDUZIONE DELLA COPIA

La nuova mostra temporanea su Marcel Duchamp alla Collezione Peggy Guggenheim curata da Paul B. Franklin

di Vittoria Minorello

Marcel Duchamp (1887-1968) è stato un influente artista francese, noto principalmente per il suo ruolo pionieristico nel movimento artistico del dadaismo e per le sue opere concettuali, che hanno avuto un profondo impatto sull’arte contemporanea. L’artista incontrò la mecenate Peggy Guggenheim a Parigi nel 1923 circa e di lì a breve non solo lei diverrà una delle prime e maggiori sostenitrici della sua arte, ma soprattutto fra i due si creerà una forte amicizia; il sostegno a Duchamp si materializza anche nell’acquisto di Peggy, nel 1941, della prima edizione deluxe del capolavoro “Scatola in una valigia” (presente in mostra). 

Il dadaismo è stato un movimento artistico e culturale che è emerso all’inizio del XX secolo, in particolare durante la Prima Guerra Mondiale, ed è noto per la sua ribellione contro le convenzioni artistiche e sociali dell’epoca; il movimento incarnava infatti una politica spiccatamente antibellica attraverso un rifiuto degli standard artistici tradizionali e tramite opere culturali che erano contro l’arte stessa. Il Dadaismo ha quindi messo in dubbio e stravolto le convenzioni dell’epoca, proponendo il rifiuto della ragione e della logica ed enfatizzando invece la stravaganza, l’assurdo, l’umorismo, la libertà espressiva, l’irrazionalità e la derisione.

La mostra temporanea esposta alla Collezione Peggy Guggenheim, intitolata “Marcel Duchamp e la seduzione della copia”, comprende svariate opere dell’artista dadaista guidate da un filo conduttore: non importa che si tratti di un’opera originale o di una copia, ciò che importa è l’opera in sé ed il suo significato; l’artista, in linea con le ideologie anti-artistiche proprie del movimento dadaista di cui fa parte, non solo ha così distrutto l’idea dell’unicità dell’opera e privato di ogni sacralità la figura dell’artista, ma in alcune opere è addirittura arrivato a sbeffeggiare delle opere classiche di particolare importanza, come la Gioconda. L’idea di Duchamp è, infatti, quella per cui la copia in realtà possa dare un piacere estetico paragonabile all’originale, con il risultato di mettere in discussione la gerarchia tradizionale tra originale e copia; ciò che importa, infatti, non è che si tratti di copia o originale, ma di quello che riesce a comunicare. “[La gente] dice che una cosa fatta a macchina non è un’opera d’arte. È ridicolo. Un duplicato o una ripetizione meccanica hanno lo stesso valore dell’originale”, dichiarò l’artista.

La mostra è stata curata da Paul B. Franklin, studioso indipendente residente a Parigi e tra i massimi esperti di Marcel Duchamp. Sono in essa presentate una sessantina di opere dell’artista realizzate tra il 1911 e il 1968, alcune provenienti dalla Collezione Peggy Guggenheim, quali Nudo (schizzo), Giovane triste in treno (1911) e Scatola in una valigia (1935-41), ed altre provenienti invece da altre prestigiose istituzioni museali italiane e statunitensi, tra cui la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, il Philadelphia Museum of Art, il Museum of Modern Art di New York, il Solomon R. Guggenheim Museum di New York. Ad affiancare questo prezioso nucleo di opere, una serie di lavori meno noti al grande pubblico appartenenti all’Estate dell’artista nonché a collezioni private. L’idea di installare, presso la Collezione Guggenheim, la mostra temporanea è stata anche dettata dall’attuale periodo storico culturale in cui ci troviamo: in un’epoca digitale come la nostra, caratterizzata da realtà virtuale, stampe 3D, avatar ed intelligenza artificiale, la differenza tra il reale e il finto, tra cosa è vero e cosa non lo è, tra l’umano e il non umano è sempre più labile; le considerazioni di Duchamp sull’originale e sulla copia, quindi, tornano ad essere tremendamente attuali e pertinenti con il nostro tempo. 

Una delle opere che maggiormente, forse, colpisce è “L.H.O.O.Q.” (1919), consistente in una riproduzione fotografica dell’iconica “Gioconda” di Leonardo Da Vinci alla quale sono stati aggiunti provocatoriamente dei baffi e un pizzetto. Il titolo è sostanzialmente un gioco di parole, in quanto le lettere L.H.O.O.Q., pronunciate in francese, suonano come la frase “elle a chaud au cul”, che potrebbe elegantemente tradursi come “lei si concede facilmente”. In quest’opera, Duchamp non solo trasforma la casta nobildonna di Leonardo in una irsuta sgualdrina, ma inoltre va a compiere un’altra operazione che troviamo anche in altre sue opere: va a svincolare la figura dall’incasellamento in un unico particolare genere, confondendo tratti tipicamente maschili –baffi, pizzetto- con vestiario e tratti tipicamente femminili; egli stesso aveva dichiarato che la Monna Lisa, secondo lui, aveva un’aria molto mascolina, quasi come quella di un cavaliere. Con ciò, non solo Duchamp provoca e deride gli stereotipi classici dell’epoca, ma inoltre anticipa concetti oggi sempre più affermati e riconosciuti, come la transessualità e, perché no, anche l’essere drag. Ciò viene anche reiterato da Duchamp con la propria persona, che nel 1920 trasforma in un alter ego femminile di nome “Rrose Sélavy”: anche grazie all’aiuto dell’artista, amico e fotografo Man Ray, Duchamp cattura il proprio alter ego bardato di vestiti femminili e gioielli con la stessa grazia di una qualsiasi donna cisgender. Duchamp, così, fu uno dei primi artisti uomini che esplorò la propria corporeità per incarnare una identità drag.

La mostra sarà presente presso la Collezione Peggy Guggenheim dal 14 ottobre 2023 fino al 18 marzo 2024. Al suo interno tantissime altre varie opere, come la famosissima “Scatola in Valigia” (1935-41) o l’opera “Rotorilievi” (1935) formata da sei dischi di cartone rotanti, colorati vividamente fronte e retro, che risultano essere espressione di uno sperimentalismo ottico dell’artista.

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