PERCHÉ IL MONDO DEL LAVORO NON MI HA SPAVENTATO

di Paolo Mazzucotelli

Sul mondo del lavoro io ho sempre avuto le idee chiare.

Come mestiere dei miei sogni da bambino speravo di avere molte possibilità di crescita, per questo sono perfettamente in linea con le grandi aziende dell’economia dei soldi, le quali mi cercano con passione da decenni, minacciando di far saltare in aria gli affari di mezza penisola perché di autisti privati così professionali come il sottoscritto, in strada se ne vedono sempre di meno. 

Quello dell’automobilismo di accompagnamento è un settore sull’orlo dell’abisso, i top manager che scarrozziamo qua e là si seccano subito non appena tu inizi a giocherellare coi finestrini tirandoli su e giù, e fai rumori improvvisi col clacson per spezzare la noia del semaforo rosso. Ancor di più i top manager li scocci quando canti a squarciagola sopra al CD di Fiorella Mannoia – Greatest Hits (cosa che accade al 95 percento degli autisti in vita). In questo modo i lavoratori abbandonano il mestiere che apparteneva ai loro padri, e, prima ancora, ai padri dei loro padri, mentre le imprese dichiarano bancarotta.

Essendo che, in effetti, dopo gli anni della pubertà sono cresciuto arrivando a essere alto come circa 10 persone sdraiate una sopra l’altra, nonostante il mio unico titolo di studio sia la terza media applicata al settore caseario, le più potenti aziende dell’economia dei soldi si sono innamorate ancor di più di me e vorrebbero rendermi loro capo supremo anche se smetto di fare: a) i formaggi di nascosto e b) l’autista privato come da contratto. 

La mia casella e-mail è intasata delle fotografie di uffici imperiali che mi sono stati proposti e di lettere d’amore scritte col rossetto. L’ultima mail che ho cestinato conteneva le foto di un mega-ufficio all’ultimo piano di un grattacielo newyorkese. Ti siedi sulla poltrona e davanti hai una gigantesca vetrata che dà sulle vie del centro mentre dietro ti sovrasta un acquario 10×10 metri con pezzi di barriera corallina, sub del luogo d’origine, giovani ambientalisti e sirene spogliarelliste, tutti trapiantati assieme in questa gabbia di vetro nel cuore pulsante di Manhattan. Cestino in fretta la mail e torno a fare i fatti miei.

Al “Trash-Talking” io, non essendo troppo un tipo sportivo, ho sempre preferito i “Ted-Talk”. Mi ripeto spesso: «Sogna amico mio la senti la cazzo di brezza marina gli schizzetti di salsedine negli occhi quando lanci il la tua creazione nel mercato delle azioni liquide!». Una volta ho perfino fatto un Ted-talk a un tossico affamato che chiedeva banconote ai passanti giustificandosi che gli servivano per il biglietto dell’aereo, anche se attorno c’erano solo corriere. Probabilmente il furbone voleva prendere una corriera e fare su e giù un sacco di volte fino a che non veniva assunto come “personaggio scomodo delle linee extraurbane”. Io passavo di lì (senza avvicinarmi troppo) e gli ho detto: «stay hungry, stay foolish». Dopodiché gli ho lanciato una monetina da 50 cents, lui si è preso una dose. La fame non gli è passata, matto come prima. Ci siamo dati appuntamento per il giorno dopo nel mio garage e abbiamo avviato una start-up di successo nel settore delle armi letali. La Borsa di Londra tiene gli occhi puntati su di noi perché stiamo facendo fluttuare il valore del lingotto d’oro in una decina di antichi borghi medievali italiani. 

Visto che la richiesta da parte del mondo del lavoro nei miei confronti è pressante, di giorno non ho tempo per innamorarmi e sostengo numerosi colloqui di lavoro (10 pro die e poi rifiuto ogni offerta). Alcuni pretendenti li tengo in attesa per settimane, poi li chiamo improvvisamente e alla cornetta recito con voce nasale i versi di un poeta norvegese notorio che mercoledì scorso è stato improvvisamente dato per disperso. Mercoledì un gruppo azionario mi ha offerto il quadruplo dello stipendio iniziale più i benefit, le pensioni d’oro delle loro madri, e mi hanno anche chiesto di inserire i loro primogeniti più forzuti in un progetto di apprendistato non pagato che mi vede come unico loro supervisore. Esso ha durata di minimo 15 anni. Io ho accettato anche se l’idea di un impegno a vita non so se mi convince per ora. 

In questo periodo di occupazione ho affinato la mia conoscenza sul mondo del lavoro. Si sa che, quando uno lavora e non è in nero entra automaticamente nell’olimpo degli occupati italiani. Gli occupati in Italia finiscono tutti al tg1 quando mandano in onda il servizio sull’aumento della disoccupazione; che vuol dire che in Italia esistono dalle 15 alle 30 persone attive e sono tutte indaffarate sulla stessa catena di montaggio. Se ne aggiungano pure due/tre se si contano i presentatori del tg1 che si danno il cambio e il cameraman, ma che sono eletti a vita e quindi non possono fare come gli pare, se anche un giorno gli passasse per la testa che “così, da domani cambio vita e prendo in gestione un bar in provincia di Trento”. 

Siccome poi sono stato licenziato assieme a tutti gli apprendisti primogeniti, ripropongo ora sinteticamente il Curriculum Vitae che mi vede affatto coraggioso nonostante le scarse possibilità di carriera che si danno qui (all’estero è un’altra storia):«Come lavoratore sono molto flessibile riesco a toccarmi le punte dei piedi con le mani, solo che emetto dei versi infernali quando scendo fino in fondo, è la genetica; questo da un lato è un vantaggio perché l’ambiente di lavoro si fa subito più frizzantino, dall’altro aumenterebbe in modo incontrollabile l’eros del personale con conseguenze ignote sulla mia vita sessuale. In più sono bravo a lavorare in team per risolvere problemi complessi. I miei. Credo di aver avuto una volta un problema complesso a metà tra l’adolescenza e lo sviluppo degli arti superiori. Se mi assumete vi dico già che non mi piacerebbe un contratto eccessivamente lungo; ecco, inizio qualche mese e vediamo, magari poi mi guardo intorno meglio, intanto prendo quello che c’è».

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