Marin Falier Doge di Venezia: ovvero come organizzare un colpo di Stato per farsi decapitare

di Gianluca Falier

Marin Falier è forse il più celebre doge di Venezia. Difficile dire se si tratti di un’altra damnatio memoriae sfuggita di mano, o se sia stata la stessa amministrazione della Repubblica ad alimentarne la leggenda come monito per aspiranti usurpatori. 
Ma tant’è;: Lord Byron ci scrisse una tragedia, Hayez ne dipinse le gesta e a Palazzo Ducale nessun ritratto di nessun doge ha più ammiratori del drappo nero che censura il volto del Falier. Come andò la vicenda? Non si sa. Questa sembra essere la risposta che meglio descrive la comprensione storica che ne abbiamo attualmente. 
La tradizione vuole che, durante una festa a Palazzo Ducale, un giovane Michele Steno (futuro doge) sia stato cacciato dal Falier per aver offeso alcune gentildonne e si sia vendicato scrivendo qualcosa del genere: “Marin Falier da la bea moier, altri la gode e lu la mantien”. La leggerezza della punizione inflitta allo Steno avrebbe spinto il doge a organizzare un colpo di Stato contro la nobiltà che lo controllava (e di cui egli stesso faceva parte, insieme a Steno e ai responsabili della sentenza). Il piano fu scoperto e il doge condannato a morte, caso unico in tutta la storia della Serenissima.  
Il fatto dell’ingiuria è accertato ma la storiografia moderna concorda nel considerarlo del tutto irrilevante ai fini del complotto. I più ipotizzano che la vera causa fosse la volontà di creare a Venezia una signoria, come già avvenuto in altre parti d’Italia. Alcuni credono che il Falier sia stato non l’organizzatore ma la vittima della congiura: sarebbe stata una frangia della nobiltà a lui avversa ad accusarlo e condannarlo a morte, per sostituirlo con qualcuno che fosse espressione della propria fazione politica nella guerra contro Genova. 

L’unica certezza è che la storia del doge Falier ha avuto grande risonanza. Ora, quando si raccontano le storie ai bambini, il fine, oltre all’ovvia volontà di farli addormentare e liberare così la serata per la Champions League, è quello di trovare una morale che possa renderli delle brave persone. Se Cappuccetto Rosso ci insegna a non trascurare mai la comparsa di una esuberante peluria sul volto della propria nonna, cosa ci insegna la tragica vicenda di Marin? 
Per prima cosa, vale la pena spendere una parola sul suo passato. Egli, prima di essere eletto al dogado, ha avuto una carriera importantissima per quantità e qualità degli incarichi. Nonostante ciò, è stato decapitato. Quindi, per gli amici lettori drogati di lavoro, sappiate che la carriera non è tutto. La testa è più importante.
In secondo luogo, di lui si dice fosse propenso a scatti no d’all’ira. Avrebbe schiaffeggiato il vescovo di Treviso a causa di un ritardo di quest’ultimo. e,E sempre in preda alla collera, avrebbe cospirato ai danni della Repubblica. Dunque non lasciatevi mai dominare dalle passioni. Non fate come Marin, parlate dei vostri problemi con un amico e. E solo dopo organizzate un colpo di Stato. 
Terzo, se dovete difendere la persona che amate da un insulto, usate la legge del taglione. Occhio per occhio, dente per dente:, rivolta armata per offesa scritta non suona bene. Certo, quale donna non vorrebbe al proprio fianco un uomo che organizza un colpo di Stato per difendere il suone l’onore? Non ci sono più gli uomini di una volta. 
Oltre a questo, va notato il passaggio dalle stelle alle stalle. Appena divenuto doge, il massimo che la vita gli poteva offrire, è stato ucciso, il massimo che la vita gli poteva togliere: potete anche raggiungere i vostri sogni ma la miseria, il collasso, la sconfitta, il disagio, lo stento, la caduta, la depressione, il fallimento, la rovina, l’insuccesso, la disfatta, il tracollo, la disperazione, il dolore sono sempre dietro l’angolo. Me l’ha detto mia mamma il giorno del mio battesimo. 
Quindi, in ultima analisi, Marin si è sacrificato per trasmettere un messaggio. Marin ha dato la vita per tutti noi. Ci ha insegnato a guardare oltre il lavoro: “non di solo Microsoft Excel vive l’uomo” dice il poeta. Ci ha insegnato a non agire di impulso quando si è in preda alla rabbia; confidatevi con una persona cara, meglio se avvocato: vi dirà come evitare le conseguenze penali dei vostri piani di vendetta. Ci ha insegnato a punire chi insulta i nostri amati senza esagerare: se ha solo inviato la foto dei piedi in chat, rispondete con la foto dei vostri, non aspettate sotto casa sua con una forca. Per ultimo, ci ha insegnato che le cose, alla fine, andranno comunque male: tanti auguri.

Gianluca Falier (sì, sono il nipote)

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