di Pietro Gavagnin
Nel sestiere di Santa Croce, appena dietro Riva de Biasio, si trova “Campo San Zandegolà”. Questo nome non nasconde una storia particolare, ma è di difficile interpretazione anche per certi veneziani. Come possiamo facilmente intuire si tratta di un santo, ma con un po’ di impegno riusciamo anche a decifrare nome ed epilogo. Per semplificare dividiamo il nome in due parti: zan-degolà. “Zan” sta per Giovanni mentre “degolà” significa decollato, ovvero decapitato. Si tratta infatti di San Giovanni Battista, che secondo i vangeli sinottici trovò la morte appunto per decapitazione, su ordine di Erode Antipa.
A Castello, nella parrocchia di S. Francesco della vigna, troviamo “Campo de le gate”. Conoscendo l’abitudine veneta di dimezzare le doppie, si potrebbe pensare che il nome sia semplicemente il veneziano di “gatte”, il plurale di “gatta”. Invece si tratta di una storpiatura di “delegati”: questo perché in zona risiedevano i nunzi apostolici, per l’appunto i delegati del Papa. Tra questi, uno dei più famosi fu sicuramente Monsignor Della Casa, famoso per aver scritto il “Galateo ovvero de’ costumi”, meglio conosciuto come “Galateo”, pubblicato postumo nel 1558.
Sempre nel sestiere di Castello, la fondamenta che va da inizio di Via Garibaldi fino alla fermata ACTV dei Giardini si chiama “Riva dei sette martiri”. Questo nome sostituisce il vecchio “Riva dell’impero” e ha un’origine abbastanza recente. I fatti in questione risalgono infatti al 3 agosto 1944. La città era all’epoca occupata dai soldati tedeschi e in quella riva erano ormeggiate alcune motovedette. Il 1° agosto l’equipaggio tedesco si ubriacò e un soldato venne disperso. I nazisti, temendo che la scomparsa del soldato fosse merito dei partigiani, fucilarono 7 uomini innocenti presi a caso dal carcere di Santa Maria maggiore. Il giorno dopo si scoprì che il soldato era morto per annegamento, dopo essere svenuto per il troppo alcool. Una lapide ricorda i nomi dei 7 condannati, onorandone la morte ingiusta.
Concludiamo per oggi con il “Ponte delle maravegie”, ovvero “meraviglie”. Il nome deriva da una leggenda popolare: secondo il racconto, nel palazzo adiacente il ponte vivevano sette sorelle, sei bellissime e una emarginata perché brutta. Un giovane faceva spesso visita alle sorelle, ma dopo un po’ di tempo gli vennero a mancare le forze. Egli si convinse che la sorella brutta, di nome Marina, fosse una strega che gli avesse fatto il malocchio. Per vederci chiaro il giovane si recò di notte sotto la sua finestra, e in quell’istante 7 stelle brillarono in cielo: una, però, sovrastava le altre. A quel punto la finestra di Marina si spalancò e rivelò la “maravegia”: la fanciulla era divenuta la più bella di tutte le sorelle. Marina e il giovane si sposarono ed ebbero sempre molta fortuna.
Contenuti presi da “I niziole’ raccontano 1” di Paolo Piffarerio e Piero Zanotto venduto in allegato con il “Il Gazzettino” edizione speciale del 2012